
Nato a Milano nel 1921, Giovan Francesco Gonzaga è discendente da un ramo cadetto dei nobili di Gonzaga mantovani. Un uomo di eccezionale vitalità che parlando di se stesso sostiene con metaforico piglio: "Sono un decadente, un crepuscolare. Non guido la macchina: Vado a Cavallo. Ho trascorso l'infanzia un'infanzia dorata fra nitriti e profumi di scuderia
nella villa di Soncino, dai nonni. Mia madre si occupava di moda, andava a Londra, a Parigi ed io ad otto anni ero già in sella". Gonzaga attribuisce ai cavalli un valore essenziale, viscerale, primario e culturale. Tanto da far sostenere che lo interpreta sensitivamente e lo compenetra in assunto poetico primigenio ancor prima che lo rispecchia la coscienza. Insomma lo vive: lo sente fremere, nitrire, scalpitare, galoppare e lo dipinge con audace versione ispirata che comunica la pazienza e la forza, lo slancio, la furia consone alle proporzioni in tutta armonia con il ritmo potenziale della sua tavolozza. La fonte d'animo da cui il maestro alimenta e trasfigura in tensione di poesia la manifestazione cavallina che diventa anche filosofia della compiacenza umana.
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